Esplorazioni offshore di petrolio e gas, via libera alla direttiva sulla sicurezza – Greentoday.it
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Esplorazioni offshore di petrolio e gas, via libera alla direttiva sulla sicurezza

21 maggio, il Parlamento in seduta a Strasburgo per l'approvazione della direttiva
21 maggio, il Parlamento in seduta a Strasburgo per l'approvazione della direttiva

Il Parlamento europeo ha dato il via libera alla nuova direttiva sulla sicurezza delle attività di perforazione per gas e petrolio. Le nuove norme obbligheranno le aziende a provare la loro capacità di coprire i danni potenziali derivanti dalle loro attività e a presentare una relazione sui possibili pericoli e soluzioni, prima che le operazioni possano cominciare.
Le aziende dovranno inoltre fornire un piano di emergenza a uso interno, con una descrizione completa delle attrezzature e delle risorse disponibili, le azioni da adottare in caso d’incidente e tutte le disposizioni già adottate per limitare i rischi e garantire il preallarme alle autorità.

Allo stesso tempo, gli Stati membri dovranno preparare i piani di emergenza esterni, che devono includere tutti gli impianti di perforazione offshore sotto la loro giurisdizione. In questi piani, si dovrà specificare il ruolo e gli obblighi finanziari delle società di perforazione, nonché il ruolo delle autorità competenti e delle squadre di emergenza.

La sede del Parlamento europeo a Strasburgo
La sede del Parlamento europeo a Strasburgo
Gli stati che non hanno operazioni petrolifere in mare aperto sotto la loro giurisdizione, come anche i paesi senza sbocco sul mare ma con aziende registrate nel loro territorio, dovranno applicare solo alcune delle disposizioni contenute nella direttiva.
Il provvedimento è stato adottato il 21 maggio con 572 voti favorevoli a 103 e 13 astenuti.
“Abbiamo bisogno di standard più importanti quando si tratta di gestione del rischio – ha commentato il relatore Ivo Belet (PPE, BE) – siamo convinti che le regole che stiamo approvando ora possano diventare un modello a livello internazionale”.
Gli Stati membri hanno ora due anni per introdurre la direttiva nella legislazione nazionale, mentre per gli impianti già esistenti, il termine di recepimento è di cinque anni.

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